La tecnologia elettrica in Italia stenta ancora a decollare e i motivi sono legati principalmente alle performance delle batterie e ai prezzi troppo elevati. Si tornerà al passato?
La volontà di portare sul mercato vetture futuristiche alla spina ha disorientato i turisti e coloro che hanno il potere d’acquisto. Per coloro che sono cresciuti a motori termici e con la puzza di benzina l’idea di guidare auto silenziose, ma anche piuttosto spersonalizzate sul piano estetico, non ha allettato. Creare una frattura evidente sul mercato con una imposizione non è stata una grande idea.
Il mondo sta attraversando una fase piuttosto difficile sul piano economico e l’idea di creare la più grossa trasformazione della storia delle quattro ruote in una fase dove a stento le famiglie riescono ad arrivare a fine mese porterà ad uno sbilanciamento tra i Paesi ancor più marcato. Difatti ci sono realtà che già si sono adattate a questo nuovo stile di guidare, aiutate da sovvenzioni statali e da una rete infrastrutturale di colonnine di ricarica piuttosto ampia ed altre che, invece, sono rimaste indietro.
Lo scenario generale italiano non promette nulla di diverso rispetto a quanto attualmente si può scorgere a Cuba con una commistione tra auto moderne e vetture molto datate. Ma non è un segreto che l’Italia presenta uno di parchi auto più vetusti al mondo, dando un’immagine di crisi perlopiù al Meridione. Ecco come funzionano gli ecoincentivi. Le vetture elettriche, oltre a costare un occhio della fronte, non reggono sul mercato dell’usato.
Gli attuali pacchi batterie agli ioni di litio presentano una durata piuttosto limitata, rendendo necessario dopo un certo numero di ricariche o di anni la sostituzione, a carissimo prezzo, delle batterie. Per di più i costi energetici sono elevati e l’autonomia non è ancora stata estesa come nelle attese. A questo punto non si esclude un clamoroso passo indietro.
La divisione Horse di Renault e i cinesi di Geely ha fatto un accordo con il gruppo Dumarey per lo sviluppo e la produzione a Torino di un motore diesel di nuova generazione conforme allo standard Euro 7. Sembrava finita per il diesel e, invece, si prevedono novità anche in relazione ai carburanti a basse emissioni di carbonio e sui motori a combustione interna alimentati a idrogeno. L’esperienza del Gruppo Dumarey, attraverso il suo marchio Hydrocells, è conclamata.
Il nuovo propulsore diesel firmato Horse, probabilmente, sarà destinato ai mezzi commerciali, ma non è detto che sarà montato anche sulle vetture tradizionali. Patrice Haettel, CEO di Horse, ha annunciato: “Sono lieto di cominciare il 2024 annunciando questo accordo con il gruppo Dumarey. In qualità di fornitore leader di soluzioni e tecnologie di propulsione a basse emissioni, quest’ultimo accordo dimostra la nostra capacità di stringere partnership strategiche con aziende di tutto il mondo. Non esiste una soluzione unica per un futuro sostenibile e noi ci impegniamo a fornire prodotti di alta qualità ed efficienza che soddisfino le esigenze dei nostri clienti. Credo che questo nuovo accordo porterà a un grande successo reciproco per entrambe le realtà aziendali”.
Pierpaolo Antonioli, Chief Technology officer del gruppo Dumarey, sempre come riportato su Gazzetta dello Sport, ha aggiunto: “Di fronte alla transizione energetica e all’allungamento del ciclo di vita dei prodotti, dobbiamo essere pionieri di soluzioni innovative in grado di coniugare perfettamente l’efficienza della tecnologia dei motori a combustione interna con la sostenibilità della decarbonizzazione. La collaborazione tra le aziende è fondamentale per raggiungere questo obiettivo, consentendo la condivisione delle conoscenze, la riduzione dei costi e l’accelerazione dell’innovazione“.
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