In un mercato dell’auto sempre più caotico, la soluzione a tutti i problemi ecologici potrebbe arrivare dall’idrogeno. Ecco come funziona questa tecnologia.
Non si fa a tempo a metabolizzare le novità che arrivano dal mondo delle quattro ruote in materia di elettrico, che già si inizia a parlare in modo approfondito di novità ad idrogeno. Ad oggi, almeno in Italia, è emersa una certa reticenza all’acquisto di vetture alla spina. C’è la voglia di tenersi strette le vecchie vetture termiche che conservano un fascino ed un rombo unico.
A limitare la diffusione di nuove tecnologie vi sono una serie di fattori. Il discorso si può estendere quanto alle EV quanto alle vetture ad idrogeno, con la mancata creazione di una rete infrastrutturale di colonnine di ricarica. Sono ancora poche e sparse solo in alcune specifiche aeree. E’ come se le pompe di benzina fossero concentrate solo in un paio di regioni d’Italia, cosa accadrebbe nelle altre zone? Ecco, la geografia infrastrutturale del nostro Paese prevede una clamorosa sperequazione tra Nord e Sud, rispecchiando anche lo scenario economico.
Le auto con moderne tecnologie sono piuttosto care. Inevitabilmente la loro diffusione risulterà limitata solo ad una ristretta cerchia di appassionati dal pollice verde e dal portafoglio piuttosto gonfio. Inoltre, nelle nostre giungle urbane, non potranno sorgere come funghi dei distributori. Andrebbero, completamente, ridisegnati gli spazi, abbattendo alcuni palazzoni e facendo investimenti serissimi in un momento storico di profonda crisi.
L’alternativa alle EV esiste già sul mercato, ma in pochi la conoscono. L’idrogeno è stato preso in considerazione solo da pochissime case costruttrici, tra cui la Toyota e la Hyundai. In Italia, al momento, le opzioni disponibili sono la Hyundai Nexo e la Toyota Mirai. Il SUV della casa coreana parte da 73.450 euro, mentre la berlina giapponese costa 75.600 euro. Superfluo aggiungere che si tratta di cifre alla portata di una nicchia di curiosi progressisti.
Auto, rivoluzione idrogeno
In natura l’idrogeno è limitato. Per produrre idrogeno in una quantità maggiore rispetto a quella che già esiste andrebbero sviluppate soluzioni alternative. In tal caso le vetture ad idrogeno rappresenterebbero una soluzione ecologica al 100%. Si potrebbe arrivare ad avere un’autoproduzione di idrogeno per caricare le proprie vetture, stando comodamente seduti sotto il tetto della propria casa, grazie ai pannelli fotovoltaici. In Europa è già scattato l’allarme.
A differenze delle tradizionali auto elettriche con batterie agli ioni di litio, le FCEV non richiedono la ricarica delle batterie. Si tratta di energia autoprodotta che sfrutta il processo chimico dell’elettrolisi inversa. L’idrogeno si converte in energia elettrica direttamente a bordo, utilizzando le celle a combustibile e sprigionando solo vapore acqueo. Le auto ad idrogeno necessitano di un rifornimento saltuario presso strutture apposite, una volta terminato il gas. Si potrebbero anche convertire le auto termiche in idrogeno, ma vi sarebbero una serie di implicazioni burocratiche non di poco conto.
La sensibile differenza con le EV sta nei tempi di ricarica. L’operazione per le auto a idrogeno richiede in media soli 5 minuti. Vi sono anche elementi in comune tra le due moderne tecnologie a zero emissioni. Entrambe le vetture presentano il motore elettrico, le celle a combustibile, il serbatoio dell’idrogeno e il pacco batterie. Le FCEV emettono, semplicemente, dell’acqua che fuoriesce dal tubo di scarico, sotto forma di vapore acqueo. Tutto molto affascinante, ma in Italia manca una rete di ricarica estesa. Inoltre, finché i prezzi delle FCEV non saranno alla portata dell’utente medio il boom non si avrà mai.